giovedì 4 luglio 2013

Ricordando papa Wojtyla




Riallacciandomi al post precedente sul "Papa polacco", pubblico qui un articolo che mia madre, scrisse per il giornalino di S. Francesco Saverio qualche anno fa, racconta piccoli aneddoti, ai molti sconosciuti, a cui lei ha assistito, durante la visita nel 1978, che il Papa fece a S. Francesco Saverio e quando, giovane prete, lo vide confessare in parrocchia, nel primo dopoguerra. 


"Quella domenica del tre Dicembre 1978, prima di avvento, qui nella nostra parrocchia, c’era un grande fermento. Era iniziata, sì, l’attesa di nostro Signore, ma noi quel giorno attendevamo impazienti un personaggio molto importante: Karol Wojtyla.
La sua visita iniziò con un simpatico e allegro dialogo tra lui e i fanciulli della Garbatella, che, rumorosi e festanti, lo attendevano nel cortile posto sul retro della chiesa.
Lui, dal terrazzo, scherzando con loro come un bambino, gli proponeva, domande di catechismo,   alternandole a frasi simpatiche e accattivanti.
Poi entrato in chiesa, fu oggetto di una vera ovazione, tanto che monsignor Diego Bona, parroco
di allora, pregò tutti di fare un bel regalo al papa stando zitti. Subito si fece un profondo silenzio: era il papa in persona che ci onorava della sua presenza, inoltre era la prima parrocchia
 fra le trecento e più di Roma, che lui sceglieva nel suo programma di visite pastorali.
Fu quello un bellissimo giorno, di grande gioia per noi e per lui stesso.
In quell’occasione ci fu un simpatico aneddoto che ricordo con piacere. Dopo la messa, il vice parroco don Delmo Guerra, preso dall’emozione, data l’importanza del personaggio, offrendogli una tazzina di caffé, scambiò lo zucchero con il sale. Questo piccolo incidente anziché procurare disagio, divenne occasione di allegria, perché primo fra tutti ad esserne divertito e a riderne, fu proprio il papa, sciogliendo così ogni tensione.
Nella sua edificante omelia, durante la quale mise in risalto il valore della famiglia come chiesa domestica e prima cellula della società, ebbe anche a dire che venendo da noi, provava la sensazione di tornare a casa dopo tanti anni.
Nel mio cuore si risvegliarono allora tanti ricordi, di quando io, allora adolescente, quasi ogni domenica lo vedevo venire ad aiutare il parroco nella liturgia, nella vita di parrocchia e nelle confessioni. Aveva l’abitudine di leggere il breviario percorrendo lentamente avanti e indietro la chiesa nella sua lunghezza. Era il primo dopoguerra e lui, giovane studente universitario  presso i padri domenicani dell’Angelicum, in quel periodo soggiornava a Roma.
Noi tutti lo chiamavamo il prete polacco, io stessa alcune volte mi sono confessata da lui.
Il suo accento straniero mi incuteva soggezione, ma lui era sempre dolce, come è poi rimasto per tutta la sua  vita trattando con la gioventù, infatti sono stati sempre i giovani ad acclamarlo fino alla fine dei suoi giorni, vegliando per lui sotto le sue finestre e chiedendo la sua elezione a santo.
Io ho sempre ammirato ed amato Karol Wojtyla, uomo di Dio, forte e deciso con i potenti e caritatevole verso i deboli e gli oppressi. E’ stato il papa della pace perché ha saputo dialogare tra le diverse fedi pur rispettando le loro individuali originalità, cercando così di impedire il nascere di guerre di religione. Con profonda umiltà ha saputo chiedere perdono per gli errori commessi in passato dalla Chiesa, con altrettanta umiltà ha fatto visita alla sinagoga di Roma abbracciando il rabbino Elio Toaff e riconoscendo il popolo ebreo come nostro fratello maggiore e nostre radici nella fede.
Con la sua voce ha predicato Dio in ogni angolo del mondo, non cedendo mai alla stanchezza. Quando la malattia lo straziava, ha cercato sempre di reagire e di portare a termine la sua missione 
anche se la sua croce si era fatta insopportabilmente pesante.
Noi ti ameremo sempre, umilissimo e fedele pastore, grandissimo papa, santo Karol Wojtyla."
Ivana C.

2 commenti:

  1. Grazie per questa bellissima ed emozionante testimonianza!

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  2. Salve carissima, nel 1978 avevo 10 anni. Eravamo in pellegrinaggio a Roma. C'erano con me, persone care, che non gi sonnpiu' (e mi mancano). Ero bimbo, anche sevnon lo sapevo, a me sto nome votiva non piaceva. DOVEVA ESSERE ITALIANO. Ricordo una visita alle fossexardeatine e in altri posti ti Roma (venivano da Imperia!). Poi ci portarono in unnluogo (che a me sembrava una frana o oggi la ricordo cosi) dovrei averevfoto. Mio nonno, un santo, appena vide il papà disse: " mi piace". Ho passato anni a capire la grandezza di questo santo, che e' diventato il mio preferito.

    Chissa' se ero nella "frana" fuori la chiesa della garbatella.

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