sabato 4 maggio 2013

Toponomastica


Un pomeriggio afoso, passeggiavo per la Garbatella e guardando distrattamente la targa di una via, ho pensato, ma chi era costui? Nomi come Benedetto Brin, Macinghi Strozzi, Magnaghi, Bartolomeo Romano… Fanno parte della toponomastica del quartiere. Uomini e donne che hanno attraversato la storia d’Italia, lasciando il loro nome impresso su una targa di marmo. La distrazione e lo scorrere del tempo però, hanno fatto dimenticare l’uomo, lasciando soltanto un nome scolpito che viene associato alla strada e alle case che fanno parte del nostro quotidiano.
Iniziamo insieme questa passeggiata tra le vie della Garbatella come fosse però un viaggio nella storia.
Siamo a Piazza Benedetto Brin, il nucleo storico. Brin, come molti altri personaggi, che hanno dato nome alle vie del quartiere, è legato al mondo della marina italiana.

Benedetto Brin
Nato a Torino nel 1833 è stato un ingegnere, militare e politico italiano, prestò la sua opera in ambito navale, come generale, fu ministro degli esteri e ministro della Marina.
Brin viene tuttora ricordato per essere stato uno dei maggiori ingegneri navali del suo tempo, forse il più innovativo del mondo. Al suo genio, si devono le corazzate Duilio e Dandolo, la cui costruzione allarmò addirittura la Royal Navy Britannica.
In seguito Brin progettò anche le grandi corazzate veloci Italia e Lepanto. Grazie a energiche personalità come Brin, si arrivò a portare a termine la costruzione di una potente flotta nonché a favorire la crescita tecnologica dei cantieri navali italiani.

Ci troviamo ora a Largo Giovanni Ansaldo, la targa ne porta soltanto il nome ma la storia ci dice che è stato un imprenditore, ingegnere, architetto e accademico italiano.  Rimise in piedi l’industria siderurgica che poi da lui prese il nome, grazie anche alle sue conoscenze politiche. Fu la pietra miliare della storia del lavoro industriale in Liguria. Inizialmente l’azienda era specializzata nella costruzione di locomotive, in seguito si occupò di navi. Luigi Orlando, che ha dato il nome all’omonima via, fu altro grande industriale italiano di metà ottocento,  assieme ai fratelli Salvatore, Paolo e Giuseppe, fondò il cantiere navale Orlando. Inoltre Luigi, prima di rilevare la fabbrica livornese, era stato direttore dell'Arsenale di Genova, divenuto in seguito il Cantiere Odero, acquistato da Nicolò Odero, altro industriale navale ed altra via della Garbatella.
E via Magnaghi? Cosa ci svela la storia?
Giovanni Battista Magnaghi nato a Lomello in provincia di Pavia, nel marzo 1839. 
Manifestata da ragazzo l'inclinazione per la vita di mare, i genitori lo assecondarono cosicché, nel 1851, presentato dal Conte di Cavour, amico di famiglia, entrò nella scuola di Marina di Genova da dove, nel 1855, usciva con il grado di guardiamarina. La sua carriera militare fu poi in rapida ascesa.
Si occupò principalmente di idrografia, iniziando a studiare i principali enti europei. Diresse poi numerosi enti italiani per l’idrografia del nostro Paese. Fu nominato membro della Commissione Geodetica, collaborò a numerose determinazioni astronomiche per contribuire allo studio della forma della terra ed alla misurazione del meridiano.
La sua creazione più originale e più ingegnosa fu il correntometro, fondamentale per gli studi idrografici, tanto apprezzato dagli specialisti che gli Inglesi ne vollero i disegni per riprodurlo integralmente.
Nel 1894 fu promosso Vice ammiraglio e nel 1899 fu decorato con medaglia d'oro al merito scientifico, venendo di lì a poco nominato senatore. Morì il 21 giugno 1902.

Partiamo poi, per altro itinerario storico. Ci troviamo a Piazza Bartolomeo Romano, davanti al Palladium, proseguiremo per via Fincati, passando per Piazza Pantero Pantera, una puntatina per via Alessandro Cialdi, per finire poi in via Ferrati. 
Crescenzio Bartolomeo Romano, detto semplicemente Bartolomeo Romano, fu scrittore ed esperto di cose marine, vissuto nel 1600, come il contrammiraglio, Luigi Fincati, vissuto nel XIX secolo, anche lui scrittore marittimo, autore degli aforismi militari. Il generale Edgardo Ferrati, progettò navi da battaglia. Pantero Pantera che scrisse della vita sulle galee.
Alessandro Cialdi, di Civitavecchia, della marina dello stato Pontificio, organizzò e diresse una spedizione in Egitto, risalendo il Nilo, poi, nel 1842, condusse a Roma dall'Inghilterra tre navi a ruote per la navigazione controcorrente sul Tevere, allora importante via commerciale con i suoi due approdi di Ripa Grande e Ripetta al centro di Roma. A questi tre piroscafi, presto se ne aggiunse un quarto, il Roma che, sotto il comando di Cialdi, prese parte, nel 1848, alla prima guerra d'indipendenza.
Partiamo poi da Largo delle Sette Chiese per giungere a Via Alessandra Macinghi Strozzi, come riporta la targa, giriamo per via Rosa Raimondi Garibaldi,  Via Rosa Guarnieri Carducci, per giungere nell’ombrosa piazza Caterina Sforza. Questa parte del quartiere è dedicata alle grandi figure femminili.
Alessandra Macinghi Strozzi, nata a Firenze da una famiglia di mercanti, discese, da parte materna, dalla nobile famiglia degli Alberti. A sedici anni, fu data in sposa a Matteo di Simone Strozzi, un mercante ed un uomo di lettere, appartenente alla nobile famiglia fiorentina degli Strozzi. Nel 1434, sospettato di opporsi alla famiglia dei Medici, Matteo di Simone Strozzi fu condannato all'esilio, ed Alessandra lo seguì, con i loro otto bambini. L'anno successivo il marito e tre dei figli morirono, lasciando la giovane vedova nel difficile compito di crescere, da sola, una famiglia così numerosa. 
Per estinguere i debiti della famiglia, e procedere al pagamento delle tasse, la giovane donna fu costretta a vendere ed affittare gran parte delle sue proprietà, e ad entrare nel commercio di alcuni beni, vettovaglie e generi alimentari. 
Ma la vita di Alessandra Macinghi Strozzi, non aveva finito di metterla alla prova. Man mano che i suoi tre figli maschi raggiunsero l'età dell'adolescenza, vennero esiliati, in virtù dell'eredità paterna. Una legge fiorentina, del 1458, inoltre, allungò il periodo dell'esilio da cinque a venticinque anni. 
Da quel momento, Alessandra iniziò la missione della sua vita: vedere il ritiro del bando contro la sua famiglia. Attivò le sue conoscenze: amici di famiglia, ambasciatori, signori locali di Firenze, Napoli e Milano. Fece in modo di far sposare i suoi figli a donne fiorentine e cercò dei mariti adatti alle sue figlie. 
Quando finalmente, nel 1466, il bando fu revocato, i due figli ancora in vita tornarono a Firenze, e poterono recuperare una posizione di rilievo nella vita sociale della città. Così, grazie agli immensi sforzi compiuti dalla loro madre, per mantenere i rapporti della famiglia Strozzi, con il resto dei signori italiani, i figli di Alessandra riuscirono persino ad ingraziarsi Lucrezia Tornabuoni e suo figlio Lorenzo il Magnifico. 
A questa donna eccezionale, va inoltre l'illustre merito di essere l'autrice della prima collezione epistolare (1447-1470) in italiano, scritta da una donna.
Caterina Sforza è stata una nobildonna italiana, figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano. Fu signora, insieme al marito Girolamo Riario, di Forlì e di Imola negli ultimi decenni del XIV secolo. Gli scrittori rinascimentali dicono che Caterina abbia superato per fama ogni altra donna del suo tempo. Istruita secondo i canoni umanistici ma si appassionò anche all’uso delle armi. Dopo il matrimonio, assieme al marito si trasferì a Roma, e dato il suo carattere socievole, in poco tempo fu conosciutissima dall’aristocrazia romana. Singolare il suo comportamento alla morte di Sisto IV. Tutti coloro che avevano subito dei torti dal suo governo si buttarono al saccheggio, portando per le strade di Roma disordine e terrore. La residenza dei Riario, palazzo Orsini di Campo de' Fiori, fu assalita, spogliata di ogni suo contenuto e quasi distrutta.
In questo momento di anarchia Caterina attraversò a cavallo la città per occupare, a nome del marito che ne era il governatore, la rocca di Castel Sant'Angelo. Da questa posizione e con i soldati che le obbedivano, Caterina poteva tenere sotto controllo il Vaticano e dettare delle condizioni per il nuovo conclave. Invano tentarono di persuaderla a liberare la fortezza, poiché la giovane nobildonna era ben decisa a  consegnarla solo al nuovo papa.

Rosa Raimondi è quella che nella memoria popolare è rimasta più impressa: la madre dell’eroe dei due mondi.
Infine parliamo di Rosa Guarnieri Carducci, moderna eroina. Nata Liberi, si era sposata e viveva a Roma. Dopo l’armistizio fu uccisa mentre tentava di opporsi all’arresto di un figlio. Ad analoghi episodi avvenuti nella Capitale, s’ispirò Roberto Rossellini per il film Roma città aperta. La motivazione della ricompensa al valor civile, concessa a Rosa Guarnieri il 3 gennaio 1947, recita: “Sulla porta della sua casa affrontava, con intrepido coraggio, una pattuglia nemica di tedeschi e fascisti, che ricercavano il suo figliolo per trarlo in arresto quale reo di antifascismo e, sfidando le armi puntate sul suo petto e le crudeli minacce, si opponeva con tutte le sue forze ai ferri degli aguzzini. Colpita da più colpi di pistola e di moschetto cadeva esanime al suolo ed immolava la vita dando un nuovo, luminoso esempio del patriottismo e del coraggio della donna e della madre italiana”.
Alla coraggiosa Rosa Guarnieri è stata intitolata una strada della Garbatella e, nel suo paese natale, le è stata dedicata una piazza. Porta il nome di Rosa Guarnieri Carducci anche un asilo di Grosseto.



Nessun commento:

Posta un commento