venerdì 17 maggio 2013

La centrale Montemartini

L’Azienda Elettrica del Governatorato di Roma. Interno della sala macchine della centrale termoelettrica “Giovanni Montemartini”

L'energia elettrica fece le sue prime prove a Roma nel 1882 con le lampade ad arco accese dalla Società Anglo Romana nel piazzale della Stazione Termini. Il 30 ottobre 1886 fu illuminata piazza Colonna.
Affermatasi definitivamente nel 1897 l’energia elettrica, la sua erogazione e distribuzione sarà sottratta al monopolio dell’“Anglo Romana” - la potente società concessionaria privata che a Roma gestiva senza concorrenti il servizio di illuminazione pubblica fin dall’epoca pontificia - per iniziativa dell’amministrazione Nathan.
La coalizione progressista rappresentata dal sindaco Ernesto Nathan aveva vinto le elezioni nel novembre 1907 con un programma elettorale i cui punti qualificanti erano la creazione delle aziende municipali dell’elettricità e dei trasporti ma anche una nuova urbanizzazione della città, con la costruzione di fabbriche e nuovi centri abitati.


Giovanni Montermatini




All’istituzione dell’“Azienda Elettrica Municipale” si diede avvio - in applicazione della giolittiana legge 29 marzo 1903 n. 103 che consentiva ai comuni l’assunzione diretta dei servizi di pubblica utilità – con il progetto d’impianto ed esercizio della centrale elettrica presentato dall’assessore al “Tecnologico” Giovanni Montemartini, approvato dal Consiglio Comunale il 22 maggio 1908 e sanzionato dal voto favorevole dei cittadini romani nel referendum indetto il 20 settembre 1909.

L’Azienda municipale divenne una realtà operante nel 1912 con la realizzazione della centrale termo-elettrica nell'area industriale dell'Ostiense. Nello stesso periodo venivano realizzati i  mercati generali e il Gasometro.
L’imponente Centrale fu progettata dall’ingegner Puccioni, assieme agli ingegneri Carocci e degli Abati e venne intitolata al professor Montemartini, Assessore al Tecnologico della Giunta Nathan.





La centrale fu a carbone, per la produzione di vapore che potesse alimentare le turbine. La vicinanza con il Tevere fu scelta proprio per l'approvvigionamento idrico. Inizialmente il progetto prevedeva da parte delle Ditte Franco Tosi e Bollinger, la realizzazione di ben sei turbine a diesel, ma ritenuto troppo ambizioso il progetto iniziale non fu mai interamente realizzato, alla sua inaugurazione era stata installata solamente una turbina a vapore. Nel corso degli anni venne ampliata e vi furono installate nuove macchine, ma fu solo nel 1935 l’installazione della centrale che venne terminata, e lavorò a pieno regime fino al 1963, quando fu completamente dismessa.
Seguirono anni di abbandono, sorte seguita anche dal Gazometro, dal Mattatoio e da altre fabbriche della zona, fino al 1995.
Nel 1997 con il trasferimento di centinaia di sculture in occasione della ristrutturazione di ampi settori del complesso capitolino per infiltrazioni d'acqua, fu allestita la mostra "Le macchine e gli dei", accostando due mondi diametralmente opposti come l'archeologia classica e l'archeologia industriale.
In un suggestivo gioco di contrasti accanto ai vecchi macchinari produttivi della centrale sono stati esposti capolavori della scultura antica e preziosi manufatti rinvenuti negli scavi della fine dell'Ottocento e degli anni Trenta del 1900, con la ricostruzione di grandi complessi monumentali e l’illustrazione dello sviluppo della città antica dall'età repubblicana fino alla tarda età imperiale.
L’adeguamento della sede a museo, il restauro delle macchine e la sezione didattica del settore archeo industriale sono stati realizzati dall’Acea.
Lo splendido spazio museale, inizialmente concepito come temporaneo, in occasione del rientro di una parte delle sculture in Campidoglio nel 2005, alla conclusione dei lavori di ristrutturazione, è stato confermato come sede permanente delle collezioni di più recente acquisizione dei Musei Capitolini.
Nei suoi spazi continua il lavoro di sperimentazione di nuove soluzioni espositive collegato alla ricerca scientifica sui reperti; l'accostamento di opere provenienti da uno stesso contesto consente anche di ripristinare il vincolo tra il museo e il tessuto urbano antico.
Il museo stesso è inserito all'interno di un più ampio progetto di riqualificazione della zona Ostiense Marconi, che prevede la riconversione in polo culturale dell'area di più antica industrializzazione della città di Roma (comprendente, oltre alla centrale elettrica Montemartini, il Mattatoio, il Gazometro, strutture portuali, l'ex Mira Lanza e gli ex Mercati Generali) con il definitivo assetto delle sedi universitarie di Roma Tre e la realizzazione della Città della Scienza.

Musa Polimnia - Centrale Montemartini Roma
Da originale di età ellenistica
Marmo, cm 159.
Datazione: 175-200 d.c.

Dei tanti reperti archelogici qui presenti, quella che colpisce di più e ritenuta un po' l'emblema del museo, è la musa Polimnia.
 

Polimnia o Polinnia è una figura della mitologia greca, una delle nove Muse, figlie di Zeus e Mnemosine, raffigurata come una giovane donna dall'aspetto devoto, avvolta da velo e mantello, con il capo cinto da una corona di perle. 
Polimnia è la Musa protettrice dell'orchestica, della pantomima e della danza associate al canto sacro e eroico.


Talvolta viene associata anche alla retorica, la memoria, la geometria e la storia. A Polimnia sono attribuite le invenzioni della lira e della agricoltura. Platone cita una leggenda che considera Polimnia madre di Eros.









Fonti: archiviocapitolino.it
centralemontemartini.org

Foto della centrale in apertura: archivio capitolino
Tutte le altre foto: centralemontemartini.it

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