Una mezza dozzina di ragazzi sono raccolti su un prato tra la via Appia e la via Tuscolana. Tutto intorno è campagna. Unica costruzione nelle vicinanze è una chiesa, uno specie di grosso capannone senza alcuna pretesa architettonica. Fanno cerchio attorno a un giovanotto dinoccolato che chiamano Capo e ad un prete che parla perfetto italiano con un accento che tradisce l'origine belga. Uno ad uno si fanno avanti e con aria più solenne di cui sono capaci, cercano di nascondere l'emozione, pronunciando la formula della promessa scout. Cominciava così, la mattina di mercoledì 6 Dicembre 1944, la storia del Roma 51. Faceva freddo, nella Roma appena liberata dall'occupazione tedesca. I vestiti caldi erano pochi e, spesso, denunciavano la loro età. Eppure quella mattina si erano alzati tutti presto, sfidando l'aria rigida e il vento di tramontana, per quell'appuntamento al quale non avrebbero voluto mancare per nulla al mondo. La sera prima, in chiesa, assistiti da Monsignor Desiderio Nobels, avevano pregato in una "veglia d'armi" in preparazione dell'impegno che avrebbero preso la mattina dopo. Poi, a casa, avevano preparato con cura la divisa. Il fazzoletto con i colori del 51, i pantaloni (corti) che erano in realtà, quelli di tutti i giorni, come anche le scarpe, le calze e il maglione o il giaccone. Invece, per la camicia c'era stato qualche problema. Secondo le regole di allora doveva essere kaki, di tipo militare:erano vestiti così gli scout di Baden Powell, dovevano essere così anche gli scout dell'appena risorta ASCI (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana). Ma, o erano introvabili o erano carissime. Sopperì l'ingegno: in qualche cassetto o qualche baule, fu ripescata la camicia nera che solo un'anno prima era stata frettolosamente riposta da padre, dallo zio o dal nonno camerata, e una volta passata energicamente in varecchina... non era proprio kaki, ma l'effetto d'insieme più che passabile. E subito dopo la messa, la prima vera gita di riparto completo: in tram tra boschi e le macchie che allora ricoprivano i pendii di Monte Mario. In realtà il 51 già c'era. C'era sulla carta da quasi un mese, da quando l'ASCI aveva accolto la domanda di Monsignor Nobels di fondare un riparto tutto nuovo. -gli era stato assegnato il numero 51 perché era quello il numero di arrivo della domanda, dopo che i numeri più bassi erano stati assegnati a chi rifondava vecchi storici riparti sciolti dal regime fascista. Ma il 51 c'era e c'era già da molti anni nel cuore di Monsignore Nobels. Belga di nascita, aveva studiato, giovinetto, in Inghilterra. Lì aveva conosciuto Baden Powell, era stato suo scout nel suo riparto. Più tardi, a Roma, dove era giunto per studi di teologia ed era rimasto anche durante la guerra, voleva rivivere quell'esperienza, trasmettere a altri giovani quello che lo scoutismo gli aveva trasmesso. La liberazione di Roma fu il segnale per tutti gli ex Scout. Monsignor Nobels chiamò subito Vasta che in quei giorni si nascondeva in un convento dietro monte Mario dove era adibito alla decifrazione dei messaggi per il gruppo dei partigiani dell'Arco di Travertino. In poche settimane fu ricostruita l'ASCI e organizzato il 51. Ancora qualcuno fra gli ex scout si ricorda quella parvenza di campeggio a monte Tuscolo nell'estate del1944,addirittura qualche mese prima del riconoscimento del riparto e delle prime promesse: niente tende, qualche vecchia coperta militare, una buca nel terreno che facesse nicchia per il vento e, soprattutto, assecondasse le curve del corpo per rendere più comodo quel giaciglio sulla nuda terra. E si dormiva così, all'aperto, fidando nel bel tempo. Quando, poi, Vasta e Nobels si procurarono le prime attrezzature(qualche telo militare che, annodato o cucito con altri teli, poteva dare la parvenza di una tenda e di un riparo), anche queste diventavano a loro volta un problema. Nella Roma sconvolta ed immiserita dalla guerra, anche quattro stracci e due attrezzi rappresentavano una ricchezza: attiravano i ladri. Fu la ragione che spinse qualche mese dopo il 51 a cambiare per la prima volta sede: quella ricavata nei locali annessi a San Giuseppe all'Arco di Travertino era continuamente scassinata e svaligiata. Vasta ottenne in via provvisoria un'aula vuota nella scuola dei frati Bigi, all'angolo fra via Emanuele Filiberto e viale Manzoni (inutile cercarla, come la chiesa del Travertino, non c'è più), in cui egli stesso insegnava. Ma prima del trasferimento il 51 ebbe modo di fare il suo primo vero campeggio. Storico, fu definito da molti. Si, perché per anni, la sera al campo, intorno al falò o ai fuochi di bivacco, c'era sempre qualcuno che raccontava. A volte lo stesso Vasta, altre volte il Monsignor Nobels, altre ancora un vecchio scout che... <
domenica 28 settembre 2014
ROMA 51 70 anni di storia
Una mezza dozzina di ragazzi sono raccolti su un prato tra la via Appia e la via Tuscolana. Tutto intorno è campagna. Unica costruzione nelle vicinanze è una chiesa, uno specie di grosso capannone senza alcuna pretesa architettonica. Fanno cerchio attorno a un giovanotto dinoccolato che chiamano Capo e ad un prete che parla perfetto italiano con un accento che tradisce l'origine belga. Uno ad uno si fanno avanti e con aria più solenne di cui sono capaci, cercano di nascondere l'emozione, pronunciando la formula della promessa scout. Cominciava così, la mattina di mercoledì 6 Dicembre 1944, la storia del Roma 51. Faceva freddo, nella Roma appena liberata dall'occupazione tedesca. I vestiti caldi erano pochi e, spesso, denunciavano la loro età. Eppure quella mattina si erano alzati tutti presto, sfidando l'aria rigida e il vento di tramontana, per quell'appuntamento al quale non avrebbero voluto mancare per nulla al mondo. La sera prima, in chiesa, assistiti da Monsignor Desiderio Nobels, avevano pregato in una "veglia d'armi" in preparazione dell'impegno che avrebbero preso la mattina dopo. Poi, a casa, avevano preparato con cura la divisa. Il fazzoletto con i colori del 51, i pantaloni (corti) che erano in realtà, quelli di tutti i giorni, come anche le scarpe, le calze e il maglione o il giaccone. Invece, per la camicia c'era stato qualche problema. Secondo le regole di allora doveva essere kaki, di tipo militare:erano vestiti così gli scout di Baden Powell, dovevano essere così anche gli scout dell'appena risorta ASCI (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana). Ma, o erano introvabili o erano carissime. Sopperì l'ingegno: in qualche cassetto o qualche baule, fu ripescata la camicia nera che solo un'anno prima era stata frettolosamente riposta da padre, dallo zio o dal nonno camerata, e una volta passata energicamente in varecchina... non era proprio kaki, ma l'effetto d'insieme più che passabile. E subito dopo la messa, la prima vera gita di riparto completo: in tram tra boschi e le macchie che allora ricoprivano i pendii di Monte Mario. In realtà il 51 già c'era. C'era sulla carta da quasi un mese, da quando l'ASCI aveva accolto la domanda di Monsignor Nobels di fondare un riparto tutto nuovo. -gli era stato assegnato il numero 51 perché era quello il numero di arrivo della domanda, dopo che i numeri più bassi erano stati assegnati a chi rifondava vecchi storici riparti sciolti dal regime fascista. Ma il 51 c'era e c'era già da molti anni nel cuore di Monsignore Nobels. Belga di nascita, aveva studiato, giovinetto, in Inghilterra. Lì aveva conosciuto Baden Powell, era stato suo scout nel suo riparto. Più tardi, a Roma, dove era giunto per studi di teologia ed era rimasto anche durante la guerra, voleva rivivere quell'esperienza, trasmettere a altri giovani quello che lo scoutismo gli aveva trasmesso. La liberazione di Roma fu il segnale per tutti gli ex Scout. Monsignor Nobels chiamò subito Vasta che in quei giorni si nascondeva in un convento dietro monte Mario dove era adibito alla decifrazione dei messaggi per il gruppo dei partigiani dell'Arco di Travertino. In poche settimane fu ricostruita l'ASCI e organizzato il 51. Ancora qualcuno fra gli ex scout si ricorda quella parvenza di campeggio a monte Tuscolo nell'estate del1944,addirittura qualche mese prima del riconoscimento del riparto e delle prime promesse: niente tende, qualche vecchia coperta militare, una buca nel terreno che facesse nicchia per il vento e, soprattutto, assecondasse le curve del corpo per rendere più comodo quel giaciglio sulla nuda terra. E si dormiva così, all'aperto, fidando nel bel tempo. Quando, poi, Vasta e Nobels si procurarono le prime attrezzature(qualche telo militare che, annodato o cucito con altri teli, poteva dare la parvenza di una tenda e di un riparo), anche queste diventavano a loro volta un problema. Nella Roma sconvolta ed immiserita dalla guerra, anche quattro stracci e due attrezzi rappresentavano una ricchezza: attiravano i ladri. Fu la ragione che spinse qualche mese dopo il 51 a cambiare per la prima volta sede: quella ricavata nei locali annessi a San Giuseppe all'Arco di Travertino era continuamente scassinata e svaligiata. Vasta ottenne in via provvisoria un'aula vuota nella scuola dei frati Bigi, all'angolo fra via Emanuele Filiberto e viale Manzoni (inutile cercarla, come la chiesa del Travertino, non c'è più), in cui egli stesso insegnava. Ma prima del trasferimento il 51 ebbe modo di fare il suo primo vero campeggio. Storico, fu definito da molti. Si, perché per anni, la sera al campo, intorno al falò o ai fuochi di bivacco, c'era sempre qualcuno che raccontava. A volte lo stesso Vasta, altre volte il Monsignor Nobels, altre ancora un vecchio scout che... <
martedì 23 settembre 2014
domenica 21 settembre 2014
Porta a Porta iniza la raccolta differenziata al municipio VIII
Da Romatoday
http://garbatella.romatoday.it/garbatella/raccolta-differenziata-da-lunede-22-municipio-viii-muove-primi-passi.html
Anche nel Municipio VIII da lunedì 22, con la consegna dei KIT di AMA, saranno formalmente avviate le iniziative propedeutiche all'avvio della raccolta differenziata. "Il porta a porta toccherà il 20% della popolazione. Speriamo poi di aumentarlo"
La raccolta differenziata sarò presto una realtà anche nel Municipio VIII. Dal prossimo lunedì saranno infatti consegnati i KIT di AMA alla popolazione e, contestualmente, riprenderanno gli incontri informativi interrotti durante l’estate. La formula scelta, è principalmente quella della raccolta stradale.
DOVE SARA' IL PORTA A PORTA - “La popolazione che sarà coinvolta dall’avvio del porta a porta si aggira attorno al 20%, anche se come porzione di territorio, comprendendo l’Agro Romano del Municipio e le ville che vi sorgono, la percentuale sale. Inizialmente – ci fa sapere l’Assessore municipale all’Ambiente Emiliano Antonetti – saranno interessati i quartieri di Roma 70, Tor Carbone Fotografia, la zona di Cava Pace e quelle che sono a ridosso di via Ardeatina e via Appia Antica”.
IL CONFERIMENTO STRADALE - La maggior parte del territorio, vedrà trasformarsi solo in parte il conferimento dei rifiuti. “Nelle strade degli altri quartieri – riprende Antonetti – alla classica postazione dove oggi sono presenti tre cassonetti, ne sarà aggiunto un quarto per l’umido. Poi saranno posizionate anche le campane per il vetro che quindi, rispetto a quanto si fa oggi, andrà separato da plastica e alluminio”.
LA CAMPAGNA INFORMATIVA - Per quanto attiene al cronoprogramma, “da lunedì saranno distribuiti i KIT: tre grandi buste di plastica semiacetata per la raccolta di vetro, carta e multimateriale. Più una fornitura per circa sei mesi di sacchetti compostabili. Ovviamente l’utilizzo di questo materiale è facoltativo: l’importante infatti è conferire correttamente”. Ed a tal proposito, riprende anche la campagna informativa di AMA. “La scelta dell’azienda è stata quella di rivolgersi ai moltiplicatori, cioè a quelle realtà come le scuole, le parrocchie, i centri sportivi, le sedi dei comitati di quartiere e dei centri anziani, che sono in grado di raggiungere più persone contemporaneamente”.
LA SFIDA - La campagna informativa di AMA, incentrata su quella che l’azienda definisce la strategia dei moltiplicatori, terminerà il 22 novembre. Ma l’Assessore all’Ambiente si dice ottimista. “Probabilmente non ci fermeremo a quella data. Anche se, con un anno di esperienza in più sulle spalle, AMA ha migliorato la propria capacità comunicativa. Detto ciò noi tutti dobbiamo scontare un ritardo trentennale. Altri paesi europei – sottolinea Antonetti – i primi passi nella raccolta differenziata li avevano iniziati tre decadi fa. E dobbiamo recuperare terreno, per questo stiamo procedendo per step di cinque municipi all’anno. E ciò fa sì che siano coinvolti oltre un milioni di cittadini all'anno. Secondo me poi - conclude l'Assessore all'Ambiente - dovremo puntare ad allargare la quota del porta a porta, che dovrebbe essere su tutto il territorio cittadino e, di conseguenza, municipale”. Una sfida ambiziosa che, necessariamente, dovrà procedere per fasi. A partire dalla consegna del KIT di AMA. Poi si vedrà.
venerdì 19 settembre 2014
allagata piazza Biffi
Fonte ROmatoday
L’attesa dei residenti è stata premiata. E siccome si é trattato di una lunga attesa, la quantità d’acqua che la fontanella di piazza Biffi ha prodotto, è stata conseguente. Con un risultato immediato: l’allagamento della zona. Strano epilogo per uno dei nasoni più gettonati della Garbatella.
UN'ATTESA FRUSTRATA - L’allagamento di piazza Biffi, avvenuto nella mattinata di giovedì 17, non poteva passare inosservato. “Da quando quella fontanella è stata spostata lì, ha cominciato ad alimentare le aspettative dei residenti. Tanti attendevano che aprisse. Certo, non in quella maniera” ironizza Paolo Moccia, garbatellano doc. “Io però vorrei sollevare anche altre questioni, visto che parliamo di fontanelle. Ma sti nasoni – incalza il residente – si puà sapere come li mettono? Certe volte sembrano rispondere a logiche oscure”.
LOGICHE OSCURE - La contestazione, è suffragata da una serie di esempi. “In via Macinghi Strozzi ad esempio, a me è sembrato allucinante che la fontanella venisse messa vicino all’edicola. Ma come, sull’altro lato della strada c’è una scuola…ma scusa, non era meglio lì? Tra l’altro, dove l’anno sistemata, ovvero dove l’ex Consigliere Ciappetta voleva realizzare la piazza della partecipazione, ha creato anche problemi di infiltrazione - fa notare Moccia, che aggiunge- tra l'altro, a meno di 80 metri di distanza, c’è un altro nasone. Quello che si trova all’inizio di via Cravero. Quindi mi chiedo: serviva proprio in via Macinghi Strozzi?”.
UNA LUNGHISSIMA ATTESA - C’è infine un’altra segnalazione che Paolo Moccia, ex Consigliere dei Verdi, ha voluto fare. “Sin da quando ero ragazzino, in piazza Caterina Sforza c’era una fontanella. L’area si era poi degradata, tant’è che nella piazzetta ci andavano a parcheggiare le macchine. Dopo molte battaglie è stata risistemata ed ora, se ci vai, trovi fioriere e panchine. Ma non la fontanella – puntualizza il residente – eppure che lì dovesse tornarvi il nasone, era anche stato deliberato. Ed il pozzetto, dal 1996, è rimasto lì. In attesa della fontanella. Allora io dico, invece di installare nasoni secondo logiche oscure, che talvolta sembrano avere poco o niente a che fare con il bene comune, vogliamo tornare a pensare a quella di piazza Caterina Sforza?”. Magari però, questa volta, conviene non puntarci troppo. Perchè se il getto d'acqua sarà proporzionale all'attesa, che dura dal 1996, l'allagamento è garantito.
http://garbatella.romatoday.it/garbatella/allagamento-piazza-biffi-riapre-gestione-fontanelle-garbatella.html
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